La depressione perinatale, ovvero la depressione che si presenta nel periodo della gravidanza e/o nel primo anno di vita del bambino, è una patologia complessa e purtroppo molto diffusa. Secondo recenti studi questa patologia viene diagnosticata all'incirca nel 15% delle donne. Tuttavia, le difficoltà nel processo di diagnosi di una malattia così eterogenea, in aggiunta alla reticenza, da parte di molte donne sofferenti, nel cercare supporto professionale, a causa di un percepito stigma sociale, fa sì vi sia un gran numero di donne affette ma non identificate, e che in realtà circa il 65% delle donne soffra di sintomatologia depressiva, a vari livelli di severità, nel periodo perinatale.
Sebbene alcuni fattori di rischio psicosociali siano conosciuti, tra cui una storia di psicopatologia o di esperienze traumatiche, condizioni economiche difficili, o la mancanza di una rete di supporto, vi è sicuramente il coinvolgimento di meccanismi biologici, sebbene ancora poco noto.
La depressione è in generale una malattia del corpo, non solo della mente, e ciò vale anche per l'espressione di questa malattia in gravidanza e postpartum.
Il periodo perinatale è infatti un periodo di maggior vulnerabilità allo sviluppo di problematiche della salute mentale, non solo per via delle nuove sfide da affrontare, ma anche per i sostanziali cambiamenti biologici a cui va incontro il corpo della donna per accogliere il feto. Notevoli mutamenti coinvolgono soprattutto i sistemi ormonali e immunitario, ed è proprio a livello di questi sistemi che la maggior parte della ricerca sulla depressione in gravidanza si è focalizzata.
Secondo una meta-analisi del 2016, ovvero un’analisi statistica che prende in considerazione più studi clinici con uno stesso razionale, e quindi fornisce un dato più robusto e attendibile, sono state riscontrate differenze a livello di molteplici sistemi biologici nelle donne con sintomi depressivi rispetto a donne senza questi sintomi, definite comunemente controlli fisiologici.
Per quanto riguarda i sistemi ormonali, i maggiori ormoni considerati sono sicuramente gli ormoni riproduttivi quali estrogeni e progesterone, che come ben si sa vanno incontro a drastiche fluttuazioni in gravidanza e postpartum. A questo proposito, alcuni studi osservazionali hanno evidenziato che misurando i livelli di questi ormoni durante la gravidanza in donne depresse e in donne controllo, non ci fossero differenze significative. Al contrario, sono stati condotti anche altri studi definiti di tipo interventistico, dove, in donne non incinte, sono stati somministrati questi ormoni a livelli simili a quelli fisiologici prima e dopo il parto, in modo da “ricreare” le condizioni della gravidanza. Nel contesto di questi studi è stato osservato come donne con una storia pregressa di depressione erano più suscettibili a questo trattamento. Questi dati sembrano indicare che le donne depresse non presentino in realtà valori molto più alti o molto più bassi di questi ormoni rispetto alle donne controllo, ma siano più vulnerabili alle fluttuazioni che avvengono in questo periodo, e quindi ai cambiamenti nella concentrazione, più che ai livelli stessi degli ormoni.
Un altro ormone molto studiato nell'ambito delle patologie psichiatriche è il cortisolo, ovvero l'ormone dello stress. A seguito di uno stimolo stressogeno esso viene fisiologicamente rilasciato e va ad agire su moltissimi meccanismi biologici, dal sistema immunitario, al metabolismo energetico, dalla produzione di adrenalina e noradrenalina da parte delle ghiandole surrenali alla modulazione dell’attività di specifiche aree del cervello legate alla reattività motoria, alle prestazioni cognitive e alle reazioni emotive. Questo è un meccanismo prezioso per il corpo umano in quanto permette di riadattare e migliorare le proprie prestazioni a seconda delle esigenze. Tuttavia, un’esposizione troppo intensa o prolungata a fattori stressanti va a iperstimolare la produzione di cortisolo, portando a conseguenze negative per l'organismo.
In questo contesto, alterazioni nei livelli di cortisolo sono state osservate in diversi studi sulla depressione in gravidanza e nel postpartum. Tuttavia, mentre alcuni studi hanno evidenziato livelli più elevati nelle donne depresse, soprattutto durante la sera, altri hanno osservato livelli più bassi associati a sintomi depressivi, soprattutto durante la mattina. Sebbene quest'ultima evidenza possa sembrare strana e paradossale, è utile considerare che al mattino, al momento del risveglio, vi è fisiologicamente un picco nei livelli di cortisolo, che serve per riattivare l'organismo dopo il sonno e prepararlo alle attività della giornata. Pertanto la riduzione di questo picco può avere un'influenza negativa sulle prestazioni del corpo e della mente di una persona. Ulteriormente, altri studi non hanno evidenziato differenze significative nei livelli di cortisolo tra donne depresse e donne controllo. L’eterogeneità dei dati raccolti è in parte imputabile alle differenze nei metodi di conduzione di questi studi e nella valutazione del cortisolo in momenti diversi della giornata, essendo questo un ormone i cui livelli oscillano nell'arco della giornata. Pertanto, non si è ancora in grado di definire in che modo il sistema del cortisolo sia effettivamente alterato nel contesto della depressione perinatale.
Un altro sistema ampiamente studiato, come coinvolto nei meccanismi di vulnerabilità ai disturbi dell'umore, è il sistema immunitario. Secondo quella che viene definita la “Teoria della neuroinfiammazione” le patologie psichiatriche come la depressione sono in alcuni casi associate ad un aumento, anche in assenza di infezioni, dell’attivazione del sistema immunitario con conseguente aumento nei livelli circolanti nel sangue di molecole ad attività pro-infiammatoria (ovvero che stimolano i processi infiammatori); tuttavia le cause alla base di questa associazione non sono ancora ben note.
Questo tipo di meccanismo è stato osservato anche nei disturbi depressivi in gravidanza ed è proprio in questo contesto che diventa particolarmente rilevante. Durante la gravidanza infatti il corpo materno va incontro a notevoli modulazioni del sistema immunitario per evitare di riconoscere e “attaccare” come corpo estraneo il feto che sta man mano crescendo. Per far ciò esso va incontro a una riduzione dei processi fisiologici pro-infiammatori e aumento dei processi anti-infiammatori. Pertanto, un aumento dell’attività pro-infiammatoria in un periodo come la gravidanza potrebbe avere un’influenza ancora maggiore, rispetto ad una incrementata infiammazione in altri contesti fisiologici.
In sintesi, i dati riportati qui sono ancora ampiamente in via di discussione e oggetto di numerosi studi, che puntano a determinare i meccanismi causali di queste differenze biologiche, osservate solo in alcune donne depresse, nonché a identificare possibili approcci terapeutici, in aggiunta alle terapie psicologiche e farmacologiche attualmente disponibili.
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